Posted by CountryStateLine on 23rd agosto 2019 in
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Mi sono fermato per quasi 3 anni e mezzo. Uno stop legato a questioni familiari e personali che non mi stavano permettendo di mantenere quella costanza e quella dedizione che voglio dedicare in questa attività che non considero un lavoro ma non per questo penso di poter svolgere in maniera sciatta e disordinata. Così avevo lasciato il sito “in disuso” nell’attesa di poter riprendere ad aggiornarvi con la stessa passione di sempre. Poi nel momento in cui ho capito di poter riprendere ho trovato questioni “tecniche” che me lo hanno impedito: la piattaforma di WordPress sulla quale avevo cominciato a creare questo blog nel “lontano” 2009 dieci anni dopo era “vecchia” e non mi permetteva più di aggiornarla, rendendo di fatto obsoleta la grafica e impossibile eliminare bug e storture di layout. Così ho deciso alla fine di aprire un nuovo sito sulla stessa piattaforma di WordPress, usando una versione che non mi darà più problemi di questo genere.
Il nuovo sito cambia quindi veste e cambia dominio: non più .com ma .it . Non cambiano invece gli altri contatti, che troverete nella relativa pagina.
Venite quindi a trovarmi numerosi su
www.countrystateline.it
e passate parola!
Vi aspetto.
Keep it Country!
Massimo Annibale
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Posted by CountryStateLine on 6th marzo 2016 in
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Si sapeva che il momento sarebbe arrivato. Eravamo tutti consci che a breve avremmo ricevuto la brutta notizia. Ma quando venerdì essa è giunta e l’ho letta, il senso di atterrimento e di angoscia è stato ugualmente profondo e una lacrima ha fatto la sua comparsa sul mio viso, mentre correvo a rivedermi il video di “When I’m Gone”, diventato giocoforza il suo testamento. Parlo della scomparsa di Joey Martin Feek, che tutti noi appassionati di musica country abbiamo conosciuto nel 2008 come la metà femminile del duo Joey+Rory. Joey era una bellissima (dentro e fuori) donna che un maledetto cancro all’utero ha portato via l’altroieri alla giovanissima età di 40 anni, togliendola all’amore di suo marito Rory Feek (l’altra metà del duo), a quello della figlia Indiana (di 2 anni) e di due figlie adottive, Hopie e Heidi. E all’affetto e alla passione di tutti noi, fan della musica country e più in generale della bella musica.
Joey era nata in Indiana e si era trasferita a Nashville in cerca di fortuna musicale alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, dove aveva incontrato un talentuoso e prolifico cantautore di nome Rory Feek, il quale nel 2002 sarebbe diventato prima suo marito e poi l’altra metà del duo canoro che tanti consensi ha raccolto negli anni della loro attività musicale. Ella aveva inciso un disco come solista nel 2005, dal titolo “Strong Enough To Cry”, che già aveva rivelato il suo talento e la sua bellissima voce, per poi via via avvicinarsi anche professionalmente a Rory esibendosi con lui nel programma di nuovi talenti di CMT dal titolo “Can You Duet?” che nel 2008 li vide piazzarsi al terzo posto e guadagnare un contratto discografico con la Sugar Hill Records che sfociò nella produzione del loro primo disco come duo, il bellissimo “The Life of A Song”. Il successo del disco lo fece piazzare al 10° posto della classifica di Billboard degli album di musica country più venduti, producendone il contagiosissimo singolo “Cheater, Cheater” che vide il gustoso cameo di Naomi Judd (che nel programma “Can You Duet?” faceva parte della giuria…). Dopo la vittoria come miglior nuovo duo vocale agli Academy of Country Music Award del 2010 fece la comparsa il loro secondo album, dal “semplice” titolo “Album Number Two” (disco numero due, ndt) che pure impiega pochissimo per entrare nella Top Ten della classifica dei dischi country. Poi altri 5 album in meno di 5 anni, tra cui uno di inni e canti gospel cui la coppia teneva molto, pubblicato proprio come loro ultimo disco insieme all’inizio di quest’anno e che – appunto – si intitola “Hymns That Are Important To Us”. Proprio di questo album Rory aveva parlato nel corso di una intervista a Billboard qualche settimana fa ricordando il momento in cui, all’inizio dell’anno in corso, quando arrivò primo in classifica sia nella “Top Country Album” che nella “Top Christian Album”, comunicò a sua moglie che esso era diventato il disco di inni e gospel cristiani più venduto del 2016: «Comunicai la buona notizia a mia moglie a riguardo del “suo disco” … Lo chiamo il “suo progetto” perchè l’album di inni è quello che Joey aveva sempre desiderato di fare e ha lavorato così duramente affinché ciò avvenisse, nonostante le difficili avversità che deve affrontare. La sua risposta, tra le lacrime, è stata: “No, tesoro, questo è il disco del Signore. Egli è il solo che raccoglierà tutta la gloria”. E aveva ragione: solo Dio poteva fare in modo che ciò accadesse».
Nel 2014 il loro sesto album, dal titolo “Country Classics: A Tapestry of Our Musical Heritage” ebbe una doppia pubblicazione: a maggio solo negli Stati Uniti tramite la catena di negozi Cracker Barrel e in ottobre a livello internazionale grazie all’etichetta Gaither Music Group (alla quale il duo era passato uscendo dalla Sugar Hill nel 2012). Tra le due pubblicazioni, a giugno di quell’anno, la notizia che fece poi il giro del mondo: a Joey era stato diagnosticato il cancro. In poco più di sei mesi esso era divenuto terminale e Joey aveva deciso di interrompere ogni trattamento terapeutico nonchè di annullare tutte le apparizioni televisive ed i concerti del duo. Era seguito il trasferimento dall’ospedale ad una casa di cura per malati terminali, dove Joey aveva cominciato a prepararsi all’ineluttabile diagnosi. In una intervista a The Tennessean lo scorso novembre Joey aveva dichiarato di non essere arrabbiata o depressa con Dio ma solo delusa dal fatto che dopo essersi sottoposta ad intervento chirurgico per asportare completamente il tumore, questo si era ripresentato come inoperabile e terminale e che sperava di potere almeno trascorrere un ultimo Natale con la sua famiglia e celebrare il secondo compleanno di sua figlia Indiana a febbraio 2016. Cosa che il Cielo le ha concesso. Joey si è spenta venerdì tra le braccia di Rory, dopo che il cancro l’aveva consumata iniziando a compromettere le sue funzioni interne.
Riflettendo sul loro molte volte unico stile musicale, Rory (il quale per tutto il periodo in cui sua moglie ha convissuto con il cancro ha tenuto un diario online in cui condivideva foto e pensieri con il loro pubblico) in un’intervista nel 2012 aveva detto: «Noi non ci prendiamo mai sul serio. Siamo esseri umani e come tutti facciamo anche noi degli sbagli. Ma, alla fine della giornata, cerchiamo sempre di essere onesti tra noi stessi e ciò che siamo per mantenere saldo il nostro matrimonio e per proseguire insieme su questo cammino mentre ci gustiamo il viaggio visto che abbiamo ancora la possibilità di farlo». Sagge parole che tutti noi dovremmo sempre tenere a mente, insieme alla loro testimonianza come coppia.
Joey+Rory sono candidati come duo vocale dell’anno ai prossimi Academy of Country Music Awards che avranno luogo il 3 aprile a Las Vegas. Che bello sarebbe se quel premio andasse proprio a loro… Riposa in pace Joey, Dio ti benedica.
Massimo Annibale
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Tags: Joey+Rory
Posted by CountryStateLine on 13th novembre 2014 in
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“The Dance” (il ballo, la danza) è il titolo di una canzone simbolo di Garth Brooks, quella con la quale per anni egli ha sempre chiuso i suoi concerti dal vivo e quella con la quale continua a chiudere i suoi show da quando lo scorso 4 settembre ha cominciato il suo tour mondiale (per ora solo “statunitense”…) . Che venerdì scorso ha fatto tappa per la seconda volta su undici previste a Minneapolis, nel Minnesota (l’ultima dopodomani, 15 novembre, per un totale record nel nord America di 188mila biglietti venduti!). Quando le note di “The Dance” hanno cominciato a riecheggiare all’interno del Target Center, inquadrato dalle telecamere che riprendevano lo show, sul maxischermo sovrastante il palco è apparso un cartello sorretto da una signora che recitava “Chemo this morning, Garth tonight. Enjoying the dance” (stamattina chemio, stasera Garth. Mi sto godendo la danza), con evidente riferimento al titolo della canzone che Brooks aveva appena cominciato a cantare. Il cartello era tenuto da Teresa Shaw, sotto chemio a casa sua nello stato dell’Iowa per un tumore al seno; proprio per prendersi una pausa dalle preoccupazioni e dallo stress fisico e mentale derivante dal trattamento Teresa aveva deciso di andare a Minneapolis per vedere il concerto di Garth Brooks con la figlia 19enne Elizabeth. Un concerto che non dimenticherà mai più.
«Avevo fatto quel cartello con la speranza che egli lo vedesse e che magari me lo autografasse» ha detto «Poco dopo essere apparsa sul maxischermo un addetto alla sicurezza mi si è avvicinato e mi ha fatto cenno di seguirlo per portarmi in prima fila, proprio davanti a lui che cantava!»
A quel punto Brooks l’ha vista e si è avvicinato a lei. Per chi non lo sapesse, Garth è molto sensibile all’argomento cancro poichè ha perso sia la mamma Colleen (nel 1999) che la sorella Betsy Smittle (l’anno scorso, ne parlai su CountryStateLine: potete rileggere qui) e perciò, sedutosi a bordo palco di fronte a Teresa ha terminato di cantare “The Dance” come se stesse interpretandola solo per lei, che cantava con lui mano nella mano. Una sequenza bellissima. Dopo averle preso il cartello, ha staccato la cinghia dalla chitarra e le ha donato lo strumento, abbracciandola e baciandola. Da lacrime agli occhi. Un momento di commozione generale, in cui Garth ha ripreso il centro del palco cercando le parole adeguate per esprimere la forte sensazione provata in quel momento. Dopo qualche attimo di pausa, mentre la band attaccava il finale del brano, Brooks ha espresso così i suoi sentimenti: «Qualche volta desideriamo che Dio ci dia la prova della sua esistenza scrivendo con una grossa mano su nel cielo IO ESISTO, così che noi non avremmo dubbi a riguardo giusto?» ha detto poi con voce rotta dall’emozione e, alzando al cielo il cartello preso a Teresa «Beh lasciate che vi dica: Dio ha allungato la sua mano e ha scritto IO ESISTO!» E poi, rivolgendosi ancora a Teresa: «Tu hai tutta la mia forza e quella di tutte queste persone che sono qui stasera e tu darai al cancro un bel calcio nel sedere! [non ha usato proprio la parola sedere, ma va bene lo stesso, ndr] »
Il concerto si è chiuso così, come meglio non poteva, mentre Garth faceva il giro del palco circolare posto in mezzo al Target Center ringraziando tutto il suo pubblico. Una notte da ricordare.
Per la cronaca: Garth ha poi incontrato personalmente Teresa, che qui vediamo insieme a sua figlia Elizabeth e alla chitarra da lui regalatale (foto AL KIBBY KIBLER JR./ TERESA SHAW) e quel cartello egli l’ha voluto prendere con sé e tenere nel suo camerino presso il Target Center dove presumibilmente rimarrà fino a dopodomani, quando la star partirà alla volta di Greensboro, North Carolina, prossima tappa del suo tour, dove sono previsti cinque show a partire dal 19 novembre.
M.A.
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Un ringraziamento particolare a Brooks Goedderz per le foto sottopalco tratte dal video che ha girato al concerto.
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Tags: Cancer, Garth Brooks, Minneapolis, Teresa Shaw, World Tour 2014
Posted by CountryStateLine on 21st agosto 2014 in
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L’annosa questione sulla (presunta) morte della musica country tradizionale fa sempre capolino prima o poi sui giornali e sulle riviste americane. Ultimamente una delle voci più autorevoli in materia è stato sicuramente Alan Jackson, vero e proprio anello di congiunzione tra passato e presente in fatto di tradizione. Il quale, intervistato in proposito dal Baltimore Sun, ha dichiarato con una certa rassegnazione che «la battaglia tra country e pop è stata sempre una costante in questi anni e non penso che le cose cambieranno in futuro. Quello che mi rende triste in proposito è che la vera country music, quella legata alle radici, potrebbe davvero essere morta e non so se tornerà mai ad affacciarsi sulle radio di oggi. Sulla maggior parte delle radio che vanno oggi per la maggiore la musica country non si sente per niente». Poi ha specificato: «Non é che sono contro tutto ciò che di musicale c’è là fuori in questo momento. C’è della musica davvero buona, degli autori di talento e dei cantanti davvero bravi. Ma non è più roba country».
Ad ogni modo una cosa è indiscutibile: la musica country da molto tempo non era commercialmente così forte come in questi ultimi due anni. Le cifre stratosferiche vendute ancora una volta con il suo “Red” da Taylor Swift, che è arrivata a dominare la scena musicale mondiale, e Florida Georgia Line, praticamente sconosciuti un anno fa, per esempio, lo testimoniano ancora una volta. Florida Georgia Line, in particolare, oggi possono dire di essersi esibiti nelle maggiori strutture degli Stati Uniti aprendo i concerti di big quali Jason Aldean o Luke Bryan. Dall’ anonimato, con il primo singolo del loro disco d’esordio, “Cruise”, è arrivata infatti la popolarità che ha permesso loro di schiantare le classifiche di vendita e a ottobre è attesa l’uscita del loro secondo album che potrebbe definitivamente consacrarli o distruggerli (discograficamente parlando).
Il rischio che la musica country stia o meno perdendo la sua identità è per certi aspetti reale. Ma l’identità è sempre stata legata al momento storico e quindi ritengo che quello che sta accadendo oggi sia la stessa cosa che accadde negli anni ’60 quando Patsy Cline irruppe sulla scena musicale con i suoi strumenti a corda oppure quando, ad esempio, negli anni ’80 Alabama, Kenny Rogers e Ronnie Milsap sperimentarono una musica fino ad allora mai ascoltata, piena di elementi musicali mai usati prima nel country. Gli esempi sarebbero numerosi ed ognuno di voi ne avrebbe sicuramente da portare. Di certo la musica suonata oggi dalla gran parte dei nuovi artisti di successo non è (e non vuole essere!) una versione abbellita di classici del tempo che furono ma è evoluzione e prosieguo. Piaccia o no. Questa nuova musica country è basata su tipi completamente diversi di melodie con ritmi dai quali si evince che i fondamentali della musica country tradizionale sono quasi del tutto spariti, sostituiti da ritornelli arrangiati più pesantemente che nulla hanno a che fare con le origini del genere. Di certo questo è anche in parte il motivo del grande successo di questa musica che “trascende” e acchiappa anche chi la musica country non sa neanche cosa sia (fosse). Come sappiamo il tempo passa, le cose cambiano e non si può ragionevolmente attendersi che le nuove generazioni ascoltino lo stesso tipo di musica che era ascoltata dai propri genitori o dai propri nonni. In secondo luogo anche internet sta contribuendo a cambiare lo stato dell’arte: oggi chiunque, sia che viva in una grande metropoli sia nel più sperduto paesino dell’Arizona, grazie ai social network e ai canali di condivisione, può ascoltare qualsiasi genere di musica mentre il confine tra un genere e l’altro diventa inevitabilmente sempre più labile.
Nondimeno anche la cultura è cambiata. La musica country, quella delle origini, era la musica dei contadini, degli allevatori, dei cowboy, qualche volta degli operai. Si cantava di una vita vera e quella vita era dura, difficile e per questo più spesso che no i temi cantati riguardavano rimpianti, ricordi, fatti accaduti o sperati (un raccolto perso, la morte di un cowboy o di un cavallo, la sera in paese, l’amore eterno di una donna). Oggi, eccezion fatta per le più sperdute piccole e ancora rurali zone della provincia americana, la cultura sta segnando un sempre più marcato allontanamento dalla concezione della fattoria a conduzione familiare e proprio questo allontanamento pare essere ora il paradigma alla base dei temi e dei soggetti delle canzoni country contemporanee. Così si parla ancora di vita “vera” ma la vita vera ora è fare baldoria fino al mattino in compagnia, girare con l’auto o il camion nuovi per farsi vedere dagli amici o cantare della libertà di fare quello che si vuole.
Ma il country “vero” c’è ancora, là fuori; basta andarlo a cercare senza accettare supinamente quello che i circuiti radiofonici e i canali tradizionali di massa propinano. Ci sono artisti e ci sono autori che ancora incarnano e portano avanti la tradizione, facendo felici chi – come me – è convinto che non ci sia musica country dove non si senta suonare una pedal steel (o tutt’al più una steel) guitar o un violino. Con buona pace, per quanto mi riguarda, dei country-rockettari moderni.
M.A.
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Tags: country music, tradizione
Posted by CountryStateLine on 7th agosto 2014 in
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Per Brad Paisley e Carrie Underwood non c’è crisi del settimo anno. Saranno infatti ancora loro a condurre a novembre sulla ABC i 48esimi CMA Awards dalla Bridgestone Arena di Nashville. E’ dal 2008 che i due cantano, ridono, scherzano, ballano insieme sul palco realizzando uno dei migliori spettacoli in assoluto da che c’è la diretta televisiva. «Carrie e Brad sono stati davvero una bella scoperta come coppia di presentatori» ha detto l’amministratore delegato della CMA Sarah Trahern subito dopo la conferenza stampa di presentazione della serata «Hanno degli impeccabili tempi comici, possiedono credibilità a livello commerciale, consenso da parte della critica e un loro particolare rapporto personale che li rendono popolari ai nostri spettatori e agli ospiti presenti in sala. Siamo onorati di averli ancora come presentatori della “notte più grande della musica country” (come la serata viene definita, ndr)».
«Nel corso degli anni c’è stata una evoluzione del nostro essere conduttori dello show – cosa va bene, cosa non funziona, con cosa ci sentiamo a nostro agio e adoriamo far parte di questa squadra di creativi» ha detto Underwood «Sentiamo la responsabilità di ciò che questa grande notte rappresenta per la nostra comunità musicale, per i nostri amici musicisti e per gli spettatori a casa.» «E poi» ha aggiunto Paisley «adesso siamo arrivati anche a scrivere noi stessi alcune delle gag che recitiamo nel corso della diretta ogni anno. Mi sa che quest’anno per la prima volta dovremo pagare una tassa al sindacato».
Le 12 candidature finali per la serata del 5 novembre verranno annunciate all’inizio del mese prossimo.
M.A.
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Tags: 48esimi CMA Awards, Brad Paisley, Carrie Underwood
Posted by CountryStateLine on 7th agosto 2014 in
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Rosemont, Illinois, a due passi da Chicago. E’ da qui, il prossimo 4 settembre, che comincia l’avventura del nuovo pluriennale tour mondiale di Garth Brooks (nella foto Getty Images) dopo la delusione della mancata prova generale dei cinque show “di prova” al Croke Park Stadium di Dublino in Irlanda dello scorso mese di luglio. Inizialmente programmata per una sola data, la cittadina di Rosemont (situata nella stessa contea di Chicago, la contea di Cook di “BluesBrotheriana” memoria) ha visto invece salire fino a nove gli spettacoli previsti: 4-5-6-11-12-13 e 14 con doppio spettacolo (uno pomeridiano ed uno serale) nelle date del 6 e del 13. In ciascuno dei concerti ci sarà anche Trisha Yearwood. Garth torna all’All State Arena di Rosemont dopo 17 anni e schianta il record di vendite di biglietti di allora quando, all’apice del suo successo (era il 1997) aveva venduto quasi 142mila biglietti.
Brooks ha deciso di comunicare volta per volta date e luoghi di esibizione quindi non si sa nulla di più in merito al resto del tour. Dopo Rosemont si sa solo che dirigerà alla Philip Arena di Atlanta, in Georgia, che sarà la sede della seconda tappa del suo tour. Data prevista: 19 settembre. La star torna ad Atlanta, profondo sud americano, dopo 18 anni e i biglietti per questo evento andranno in vendita a partire da domani (mentre la prevendita per i nove spettacoli in Illinois è già aperta e ben pochi sono i posti rimasti disponibili…).
Una fonte certa mi ha confermato (se ve lo steste per caso chiedendo) che non rivedremo Garth in Europa per lunghissimo tempo. Dal che si presume che la parte europea del tour mondiale sarà quella conclusiva, vale a dire quella che si svolgerà nell’autunno del 2017. Lunga attesa quindi per i fan del vecchio continente che non avranno voglia o possibilità di volare negli Usa.
M.A.
AGGIORNAMENTO: Garth ha aggiunto nuove date per Atlanta! Lo stesso 19 settembre ci sarà un secondo spettacolo serale (il primo è pomeridiano). Il 20 ancora doppio spettacolo pomeridiano e serale. Poi altre tre date con un solo concerto serale nelle date del 21, 22 e 27 settembre.
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Tags: Garth Brooks, Trisha Yearwood
Posted by CountryStateLine on 4th agosto 2014 in
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Se fossi uno di coloro i quali avevano acquistato il biglietto per uno dei concerti di Garth Brooks che avrebbero dovuto tenersi il mese scorso a Dublino, in Irlanda, sarei ancora incazzato nero. Perché a ben riflettere, qualcuno un giorno mi dovrà spiegare con quale faccia si può cancellare una stringa di 5 concerti da tutto esaurito a 17 giorni dal primo lasciando a casa più di 400mila fan, entusiasti perché si trattava del ritorno sulle scene della loro star country preferita dopo 14 anni di assenza. Sono certo che nessuno tra di voi – che probabilmente ha ancora in mano il biglietto acquistato aspettando di conoscere l’esatta procedura da seguire per il rimborso – riesce a trovare una spiegazione convincente; così come sono convinto che non riuscirebbe a trovarla uno qualsiasi dei responsabili della Aiken Promotions, che all’inizio dell’anno scorso fu incaricata dal management di Garth Brooks di organizzare la sua prima “uscita ufficiale” a Dublino dopo la clausura discografica in cui il nostro si era confinato nel 2000.
Per quei due o tre che ancora non sapessero l’accaduto, tenterò una rapida sintesi. A gennaio 2013 furono annunciate le prima due date presso il Croke Park Stadium, il 25 e il 26 luglio (tenete presente che, contrariamente a quanto lasciato intendere prima, le esibizioni irlandesi nulla avevano a che fare con il Tour Mondiale, che comincerà negli Stati Uniti il mese prossimo). Quando il 30 gennaio furono aperte le prevendite bastarono un paio d’ore per esaurire la disponibilità. A inizio febbraio ne fu aggiunta una terza che “bruciò” subito tutti i biglietti. Il 6 febbraio alle 9 la Aiken si affrettò allora ad aggiungerne una quarta, per il 28 luglio, che andò “sold-out” in meno di un’ora. Nella stessa giornata ne arrivò una quinta (per martedì 29 luglio), che vide la stessa sorte. Più di quattrocentomila biglietti venduti in una settimana. Un record, sia per il Croke Park che per Garth Brooks.
A fine giugno cominciò a circolare la voce che i cinque concerti fossero a rischio (senza ben capire perché…); voci che a inizio luglio diventarono tragica conferma. Il motivo? Il City Council di Dublino, quello che potrebbe essere considerato come il nostro Municipio, stabilì in buona sostanza che non erano state rispettate le regole e le tempistiche necessarie per la formale richiesta di cinque date consecutive al Croke Park e che conseguentemente il Municipio era obbligato, in base ai Regolamenti esistenti, a rifiutarne due e precisamente le ultime. Questo anche a causa di una petizione che era stata presentata dai cittadini del quartiere nel quale è inserito lo stadio in cui essi protestavano ufficialmente per il fatto che cinque date consecutive, di cui le ultime due in giorni feriali, avrebbero sottoposto la cittadinanza ad uno stress acustico ed emotivo non indifferente. Seguirono un paio di giorni di “botta e risposta” diplomatici (in cui ciascuno affermava di avere la ragione dalla propria parte) fino a che, martedì 8 luglio, dopo che lo stesso Garth Brooks aveva affermato che «o si fanno tutti i concerti o non se ne fa nessuno», arrivò la comunicazione ufficiale da entrambe le parti: i concerti erano tutti annullati e si dava il via al rimborso dei biglietti.
Un pasticciaccio proprio brutto.
Qualcuno di voi aveva acquistato un biglietto? Avete voglia di raccontarmi le vostre emozioni e il vostro stato d’animo a riguardo? Se volete, ospiterò volentieri il vostro sfogo.
M.A.
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Posted by CountryStateLine on 23rd gennaio 2014 in
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Se volete comperare Cross Creek Farm, la casa di Sheryl Crow a College Grow (45 minuti a sud est di Nashville), ve la potete prendere a soli 3.85 milioni di dollari. Dovere contattare la Jay Barron at Harpet Company allo 001-615-3833010. Si tratta di circa 206mila metri quadrati di proprietà con – tra le altre cose – sei camere da letto, uno studio interno di registrazione, una stalla con 14 cavalli, un saloon in stile Western ed una arena coperta per i rodei. Pensate costi troppo? Sono 4 anni che Crow tenta di venderla ma nessun compratore si è fatto avanti finora, tanto che il prezzo è stato ridotto da una base iniziale di 7,5 milioni di dollari… E’ da parecchio che Crow non abita più in questa immensa casa, avendo preferito trasferirsi in un residence nella Contea di Davidson. Recentemente l’artista si è fatta attrarre dalla magia della musica country e nel 2013 ha realizzato il suo debutto country, “Feels Like Home”, e quest’anno aprirà i concerti dei Rascal Flatts nel loro “Rewind Tour” insieme a Gloriana.
Se volete farvi un giro dentro casa cliccate qui.
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Posted by CountryStateLine on 20th gennaio 2014 in
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Annunciate oggi – un po’ a sorpresa – le prime date del prossimo tour mondiale di Garth Brooks. Saranno il 25 e 26 luglio al Croke Park di Dublino, in Irlanda. Un ritorno in questo immenso stadio dopo il triplo tutto esaurito di 17 anni fa in cui più di 120.000 fan invasero lo stadio facendo diventare Dublino come Nashville. A sorpresa perchè si aspettava l’annuncio di una striscia più lunga di date ma evidentemente il primo posto a cui Garth ha pensato è stato l’Irlanda, che il secolo scorso l’ha davvero consacrato l’artista country più amato conquistando letteralmente il suo cuore. Mi chiedo cosa dobbiamo aspettarci visto che nel 1997 Garth aveva fatto tirare su il palco più grande mai costruito nella storia dell’isola, la cui estensione andava da partea parte dello stadio, con una lingua che si proiettava direttamente al centro del prato. Non è dato sapere se si tratta delle prime due date in ordine cronologico oppure se queste sono state le prime due chiuse dal suo management. Potrebbe quindi voler dire che è possibile ce ne siano altre prima del 25 luglio… Staremo a vedere!
I biglietti per i due concerti di Dublino andranno in vendita a partire da giovedì 30 gennaio. Io passo: il 26 luglio è il primo compleanno di mia figlia Aurora… Aspetto fiducioso le prossime, imminenti comunicazioni… Vi terrò aggiornati!
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Tags: Garth Brooks, World Tour 2014
Posted by CountryStateLine on 11th gennaio 2014 in
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Classe 1939, texano doc, Don Williams grazie alla sua bellissima voce tenorile (che io adoro) e alla sua stazza è stato quasi subito soprannominato “il gigante buono” della musica country. Ufficialmente ha esordito nel mondo discografico country nel 1964 ma la sua prima esibizione fu a tre anni. Sempre ufficialmente, nel 2006 aveva annunciato il suo ritiro dalle scene salvo poi rientrare in piena attività nel 2010. Per inquadrare la grandezza dell’autore e dell’artista dirò solo che, dei 46 singoli pubblicati in carriera, solo 4 non sono entrati nella Top Ten country.
Ieri Williams ha annunciato la pubblicazione del suo 27esimo album in studio, “Reflections”, coprodotto per l’etichetta Sugar Hill (da sempre sinonimo di qualità) con il fidato Garth Fundis, veterano già al lavoro tra gli altri con Alabama, Trisha Yearwood e Sugarland. Il disco uscira l’11 marzo e conterrà 10 tracce, firmate tra gli altri da Townes Van Zandt, Merle Haggard e Jesse Winchester. Tra i titoli dell’album: “Stroger Back”, “Back To The Simple Things” e “Working Man’s Song” che celebrano la resistenza e l’integrità degli uomini e delle donne comuni; mentre “I’ll Be Here In The Morning” e “I Won’t Give Up On You” sono storie d’amore.
Per tutte le altre uscite discografiche previste andate alla sezione
USCITE DISCOGRAFICHE 2014.
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Tags: Don Williams