Posts Tagged ‘Toby Keith’

“Red Solo Cup” è ormai il marchio distintivo di Toby Keith?

Posted by CountryStateLine on 18th aprile 2012 in Home (News)

La hit “Red Solo Cup” ormai pare stia a Toby Keith come “Friends In Low Places” sta a Garth Brooks (entrambi sono dell’Oklahoma: vorrà dire qualcosa?). Il successo di questa canzone per Keith sta diventando davvero un fenomeno di costume negli Stati Uniti. Ma egli sta scoprendo che anche al di qua dell’oceano, nel nostro continente, i suoi fan europei sono pronti a “riempire le loro tazze” e a “cominciare a festeggiare” (dal testo del brano  che, tradotto, recita “Tazza Rossa Solitaria, ti riempio fino all’orlo… Facciamo festa…  Ti amo Tazza Rossa Solitaria… Ti sollevo… Procedo a festeggiare…). Toby Keith ha raccontato in una intervista a Country Countdown USA della sua esperienza in Europa in occasione del suo tour tra ottobre e novembre dello scorso anno. Ha ricordato in particolare di come sia stato sorpreso dai suoi fan tedeschi e da come essi abbiano reagito alla sua canzone. «Non avevo mai suonato in Germania» ha detto «La nostra prima sera dal vivo in Germania… è stata fenomenale! In quel periodo avevamo appena fatto uscire un video di “Red Solo Cup” su internet. Giusto il tempo di arrivare in Scozia [da dove il suo tour europeo cominciò il 30 di ottobre, ndr] una settimana dopo eravamo in Germania e tutto il pubblico aveva in mano tazze rosse, ed erano le vere Red Solo Cup. Ho chiesto “dove avete trovato le Red Solo Cup in Germania?” e loro mi hanno risposto “Su internet!” e sapevano il testo della canzone parola per parola!”
Keith è stato così spiazzato che ha leggermente cambiato il piano per la serata. «Era la sensazione più strana che io abbia provato. Avevamo appena terminato di suonarla ["Red Solo Cup", ndr] in quello spettacolo e il pubblico continuava a cantarla anche se era finita. Continuavano a cantarla come una comitiva di amici. Erano così rumorosi… Applaudivano… Io cercavo di parlare e introdurre la canzone successiva ma arriva quest’altra ondata di parole e ricominciano a cantare. Era come cercare di discutere con qualcuno che non ti presta attenzione. Alla fine mi sono allontanato dal microfono e li ho lasciati fare. E poi abbiamo ripreso ancora una volta tutti insieme il ritornello [di "Red Solo Cup", ndr]. Laggiù aveva già preso tutto fuoco!»

Natalie Maines (Dixie Chicks): il country non è più cosa per me…

Posted by CountryStateLine on 29th febbraio 2012 in Home (News)

Girando per blog e forum che trattano l’argomento si capisce che le ultime esternazioni di Natalie Maines, componente del gruppo country alternativo delle Dixie Chicks, non sono piaciute granché. Non è certo un caso che l’ultimo disco del gruppo risalga al 2006 (“Taking The Long Way”): la Maines ha ultimamente fatto capire di voler mettere la massima distanza possibile tra lei e il mondo della musica country, sputando praticamente nel piatto in cui ha così abbondantemente mangiato per tanti anni. L’ultima uscita l’ha fatta “cinguettando” con i suoi sostenitori su twitter durante la diretta della serata dei premi Grammy, nella notte di domenica 12 febbraio. Mentre Jason Aldean cantava la sua “Don’t You Wanna Stay” con Kelly Clarkson, Maines ha infatti scritto che non aveva idea di chi fosse questo Aldean e che non lo aveva mai sentito prima. Al che un fan le ha risposto che semplicemente non poteva credere che ella avesse rimosso a tal punto la sua appartenenza a questo mondo. A quel fan Maines ha risposto «Davvero lo credi? Sono 6 anni che non mi interesso della musica country. Non è cosa per me». Quando un altro fan ha scritto di non poter credere che Natalie non sapesse chi fosse Jason Aldean, ella ha ribadito la sua affermazione precedente sul mondo del country scrivendo «sono davvero fuori da quel mondo». Il botta e risposta tra lei e i fan sul noto social network è andato avanti per un po’ coinvolgendone altri. Natalie ha ammesso di aver seguito il country mainstream per un certo periodo della sua carriera ma solo perché ci fu costretta e perché sentì una sorta di responsabilità nel farlo. Quella responsabilità, ha detto, ora non c’è più. «L’ho seguito perché faceva parte del mio lavoro conoscere l’ambiente musicale in cui mi muovevo. Non penso sia più necessario per me» ha risposto poi ad un alto fan.
Un’artista di cui Maines conosce però bene l’esistenza è Taylor Swift. E’ arrivata a farle anche i complimenti su twitter scrivendo «non ho mai visto nessuno fare apparire il banjo così bello dai tempi di Emily Robinson [un’altra componente delle Dixie Chick, ndr]. Bel lavoro Taylor Swift!» Un altro fan le ha giustamente ricordato che è stata proprio la musica country e renderla una star e a garantirle fama e fortuna. Natalie ha rassicurato lui e gli altri appassionati che essi sono sempre ancora tutti nel cuore delle Dixie Chicks.
D’altronde ricordo che non è la prima volta che Natalie Maines prima apre la bocca e le dà fiato (intendiamoci, nel pieno e sacrosanto diritto di ognuno di poter esprimere le proprie libere opinioni) salvo poi pentirsi e cercare di correggere il tiro delle sue esternazioni. La prima buccia di banana la calpestò nel 2003, all’epoca dell’invasione dell’Iraq da parte delle truppe americane sotto la presidenza di George W. Bush. Il 10 marzo, durante la tappa londinese del tour mondiale delle Dixie Chick Natalie disse: «Non vogliamo questa guerra , questa violenza, e ci vergogniamo che il presidente degli Stati Uniti sia nato in Texas [come le Dixie Chicks, ndr]». Il risultato più evidente – soprattutto a causa di una massiccia amplificazione mass mediatica che scoppiò negli Stati Uniti  a partire dal giorno successivo – fu quello di dividere sostanzialmente gli americani tra pro e contro. Benché la maggioranza della popolazione americana rimase fondamentalmente vicina al gruppo, l’uscita della Maines si ripercosse in un calo delle vendite, delle sponsorizzazioni e dei passaggi radiofonici (in quanto molte radio conservatrici iniziarono a boicottare la loro musica).
Né fu utile alla causa la diatriba che Natalie instaurò con Toby Keith sul di lui singolo “Courtesy of The Red, White and Blue” (inneggiante alla guerra e alla giusta rivalsa americana contro gli attacchi dell’11 settembre) definendo il collega un “ignorante”. Alla serata di premiazione degli Academy of Country Music Awards del 2003 (in cui il premio per intrattenitore dell’anno fu assegnato proprio a Keith) le Dixie Chicks erano tra il pubblico (nominate) e Natalie Maines indossava – come d’altronde aveva fatto anche durante alcune delle ultime tappe del tour – una maglietta con sopra scritto “FUTK” (foto Senator). L’ufficio stampa del gruppo dichiarò che quelle lettere stessero per “Friend United in Truth and Kindness” (amici uniti nella verità e nella gentilezza) ma era chiaro che il vero acronimo fosse “Fuck You Toby Keith” (fottiti Toby Keith).
Insomma, nonostante stiamo parlando di un gruppo che ha vinto 13 Grammy e venduto una trentina di milioni di dischi, le Dixie Chicks non hanno mai smesso di dividere e così è stato anche per la “cinguettata” di due settimane fa. Che devo dire ha generato moltissime critiche, la più pacata e carina delle quali recita “Stay out of Country may be the best place for her”, che si tradurrebbe con un “stare fuori dal Country potrebbe essere per lei il posto migliore”. Ma “country” potrebbe essere anche inteso come “paese”, quindi il gioco di parole è servito…

 

A Basilea (CH) per Toby Keith, 12 novembre 2011

Posted by CountryStateLine on 25th novembre 2011 in Home (News)

Ho chiesto ai miei amici Giovanni “CowboyGio” Citarda e Dj Eli se avevano voglia di farmi avere un piccolo diario di viaggio della loro esperienza a Basilea, in Svizzera, dove sono andati in occasione del concerto di  Toby Keith, per condividere la loro esperienza con tutti i lettori di CountryStateLine. In fondo andare a vedere Toby Keith dal vivo non capita tutti i giorni no? Loro hanno gentilmente accettato e così eccovi le loro impressioni che pubblico con grande piacere.
Massimo Annibale

(Nella foto a lato i nostri due “cronisti” in quel di Basilea)

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TOBY KEITH, AVO SESSION DI BASILEA (CH), 12 NOVEMBRE 2011: NOI C’ERAVAMO!
Di Giovanni “CowboyGio” Citarda e Dj Eli


Il concerto di Toby Keith si è svolto lo scorso 12 novembre a Basilea, in Svizzera, nel contesto dell’AVO SESSION in concomitanza della Fiera d’autunno che vi si svolge ogni anno. È stato un brulicare continuo di gente tra le caratteristiche bancarelle, un mescolarsi di profumi di dolci, wurstel e altre “delicatessen” oltre all’esplosione di colori delle giostre e delle ruote panoramiche sparse in ogni piazza.

L’aspettativa era molto alta, galvanizzati come eravamo dall’idea della gita fuori porta, dalla bella giornata e di questa fiera inaspettata.
Abbiamo atteso l’orario di apertura dell’Avo Session gironzolando qua e la per le strade concedendoci qualche peccatuccio di gola. Solo verso le 18.00 abbiamo iniziato a vedere qualche cappello da cowboy, per la maggior parte svizzeri. Alle 19.00, quando finalmente abbiamo deciso di entrare, abbiamo trovato alcuni italiani in trasferta come noi, anche loro confidanti in un grande concerto.
La sala della Fiera di Basilea ospita un parterre  - nel quale erano sistemati i tavolini per chi avrebbe assistito allo spettacolo in pole position – e una balconata con un’ottima vista dove ci siamo sistemati noi, ben attenti a non stuzzicare la suscettibilità dei padroni di casa commettendo l’errore di sederci nella fila sbagliata. I posti erano scomodissimi, stretti e con poco spazio per le gambe… ma per Toby Keith questo ed altro! Il concerto è iniziato con l’apertura di Steve Earle and The Dukes  (Earle è stato anche premiato): non è proprio il nostro genere, ma per Toby…
Problemi fin dall’inizio del concerto del nostro sia con l’audio (non proprio il massimo!) che con 2 malefici faretti i quali, posti proprio nel mezzo dei due megaschermi rispetto alla nostra posizione, ci hanno impedito di fare qualche foto decente. Finalmente il grande momento è giunto: arriva lui, parte con “Made in America”… audio disastroso…! Si riprende poco dopo con “Clancy’s Tavern” e “Red Solo Cup”, tratti dal suo ultimo album; poi a seguire i grandi successi, “I Wanna Talk About Me”, “White Rose”, “I Love This Bar”, “Who’s Your Daddy”, “God Love Her”, “Beer For My Horses”, “As Good As I One Was”, “Does That Blue Moon Ever Shine On You”, “American Ride”, “Get Drunk And Be Somebody”, “Should’ve Been a Cowboy”, “A Little Less Talk And a Lot More Action”.
Dieci minuti prima della fine del concerto Manu ha tentato la spedizione verso il palco per due foto, dato che molti altri dalla balconata sono corsi giù e sono passati. Speranza vana: le “Avo Guardie svizzere” hanno bloccato l’accesso al fronte palco. La nostra Manu ha cercato di farsi dare delle spiegazioni ed è stata spedita a posto in maniera piuttosto sgarbata. Ci siamo domandati perché alcuni potessero passare ed altri no… Tra le scuse delle “Avo guardie svizzere” ne spuntano alcune assurde. La migliore: quella che per accedere al fronte palco per gli ultimi minuti di concerto sia stata pagata la differenza sul biglietto…in realtà sono passati solo i padroni di casa, gli stranieri no.
Il concerto è finito dopo circa 1 ora, i brani ascoltati sono stati una quindicina, compreso il bis. Toby è sembrato essere uscire scocciato.
Un vero peccato. Lui ha sicuramente soddisfatto le nostre aspettative: grande voce, grande presenza scenica, qualche battuta.
Tra i musicisti abbiamo riconosciuto Josh Bertrand alla steel guitar musicista che abbiamo avuto il piacere di conoscere personalmente e di ascoltare l’anno scorso al Country Christmas di Pordenone durante il concerto di Ray Scott.
Difficile capire per quale motivo il concerto sia durato così poco, le congetture si sprecano. Ci rimane una sola certezza: mai più andremo a vedere un concerto in Svizzera, al di là della spesa e del viaggio.
È proprio vero il detto  “chi ha i denti non ha il pane e chi ha il pane non ha i denti”. La Svizzera possiede gli spazi ed i mezzi per diffondere la musica country in Europa ma gli organizzatori non sanno sfruttare questa loro forza, non sanno cosa sia l’accoglienza ma soprattutto non sanno cosa voglia dire proporre un concerto, anzi un Concerto.
Un nome del genere si meritava il palco per almeno 1 ora e mezza! Problemi di budget? Allora forse era meglio eliminare il soporifero Steve Earle e pagare un unico solo grande Toby Keith.

Credit Foto

Per la prima foto dall’alto: foto Giovanni Citarda
Per la seconda e la terza foto dall’alto: foto Dominik Plüss

 

 

 

Toby Keith ricorda il giorno della resa dei conti

Posted by CountryStateLine on 4th novembre 2011 in Home (News)

A fine ottobre Toby Keith ha pubblicato “Clancy’s Tavern”, il quindicesimo album della sua discografia ed il sesto disco per la sua casa discografica, Show Dog – Universal Music. La pubblicazione di questo lavoro ha portato Toby a riflettere sui quasi venti anni di carriera che dalla natìa Oklahoma lo hanno portato – anche attraverso scelte rischiose, ma che alla fine lo hanno ripagato – ad essere oggi una delle stelle più lucenti del panorama country americano. Da quando nel 1993 realizzò per la Dreamworks il suo omonimo album d’esordio, Keith vide più di 30 sue canzoni entrare senza soluzione di continuità nella Top 20 dei singoli country più venduti, inclusa la numero uno “How Do You Like Me Now?” e “I Wanna Talk About Me”. Ma con il passare del tempo una crescente insoddisfazione con la casa discografica e con alcune decisioni da essa prese lo portarono a chiedere alla stessa di rescindere bilateralmente il suo contratto. In una intervista su GMA News Toby ricorda il giorno del faccia a faccia con l’allora capo della Dreamworks Luke Lewis come “il giorno della resa dei conti”. «Mi chiesero “cosa ti fa pensare che tu possa dirigere una etichetta discografica?” ed io risposi “perché ho visto la gente che lo fa e mi sparerei un colpo in faccia se non sapessi farlo bene almeno quanto lo fanno loro”! Ed eccomi qui, sei anni dopo, ancora in sella alla grande!» Davvero alla grande. Oltre ad aver messo sotto contratto con la sua casa discografica anche calibri come Trace Adkins e Joe Nichols, Toby ha ottenuto la sua ricompensa, avendo ogni suo album pubblicato per la Show Dog raggiunto la posizione numero uno in classifica – con la sola eccezione del primo pubblicato, “White Trash With Money”, che si è fermato al secondo posto. Ma ora Keith è ansioso di vedere come andrà il suo nuovo “Clancy’s Tavern” , il cui omonimo primo singolo è stato pubblicato il 24 del mese scorso e racconta la vera storia di sua nonna, che si chiamava appunto Clancy. «Suo marito morì lasciandola con 3 bambini, il più grande dei quali aveva 4 anni.» Spiega Keith «Li lasciò dai suoi genitori e si trasferì a Fort Smith, in Arkansas, dove andò a lavorare come manager nella fabbrica della Dixie Cup Factory. Era una cosa inusuale per una donna fare una cosa del genere negli anni ’50.»
La nonna di Toby lavorò anche part-time al Supper Club di Billy Garner, un locale tipo barn dance che alla fine acquistò addirittura, il posto dove Toby è convinto si sia sviluppato il suo amore per la musica. La canzone “Clancy’s Tavern” non racconta solo la storia della sua amata nonna: anche il resto della storia è vera. «I personaggi sono veri – c’era veramente un uomo di colore di nome Elmo che cucinava dietro in cucina e c’era anche una cameriera, la migliore amica di mia nonna, che si  chiamava Lillie, che prese il posto di mia nonna quando ella lasciò la proprietà del locale. La canzone è vera fin nei minimi dettagli, anche quando racconta di lei che prendeva la sua pistola e portava l’incasso in banca.»
Toby Keith non è solo un cantante ma anche un manager ed imprenditore: uno dei suoi investimenti comprende la catena di ristoranti “I Love This Bar & Grill”, oltre alla sua marca personalizzata di mezcal (un distillato messicano alcolico) che si chiama “Wild Shot” e che è in vendita in tutto il territorio americano. Tutte queste attività lo hanno lanciato in cima alla lista dei cantanti country che guadagnano di più, pubblicata recentemente sul magazine economico Forbes, dove lo si accredita con un guadagno stimato di circa 50 milioni di dollari. «Mi sono guadagnato ogni centesimo» afferma Toby «E’ dal 1993 che non mi fermo un attimo: non ho mancato un tour, non ho mai mancato di uscire con un nuovo album, non mi sono mai preso un periodo di riposo. Ecco perché sono in quella classifica di Forbes, grazie all’etica del mio lavoro. La mia famiglia conosce tutti i sacrifici che ho fatto, che tutti abbiamo fatto, per arrivare nella posizione in cui sono… Il tempo che ho passato e che passo lontano da loro… e il mio essere sempre impegnato…»
Tanto di cappello, Toby! E fortunato chi ha acquistato un biglietto per una delle tappe del tour che da domenica scorsa lo ha portato qui in Europa. Per chi si fosse perso i miei post a riguardo, clicchi qui.

Toby Keith passa anche per la Svizzera

Posted by CountryStateLine on 27th ottobre 2011 in Home (News)

Come spesso capita dopo che hai chiuso e pubblicato una notizia, ecco che la stessa cambia e necessita di aggiornamento! Mi scusa per non averlo fatto prima, dato che si sapeva già da un pò…
Toby Keith, che a fine luglio aveva comunicato le date del suo tour europeo, qualche settimana fa ha aggiunto alle 12 tappe previste a partire da domenica prossima (vedi post relativo) una tredicesima data che sarà tenuta sabato 12 novembre presso la sala della fiera di Basilea (Svizzera) alle 20. Insieme a lui nientemeno che Steve Earle accompagnato dai suoi The Dukes e dalla moglie Allison Moorer.
Info su www.avo.ch

 

 

Toby Keith: nuovo singolo, nuovo album e tour europeo

Posted by CountryStateLine on 1st agosto 2011 in Home (News)

Toby Keith (Jason Merritt, Getty Images)E’ stato consegnato ai circuiti televisivi il video del nuovo singolo di Toby Keith (nella foto Jason Merritt/Getty Images a lato), “Made in America”, destinato a diventare il nuovo inno patriottico del 50enne cantante country dell’Oklahoma. Il singolo è entrato oggi nella programmazione regolare di Heavy Rotation di CMT mentre su GAC debutterà nella Turbo Track la prossima settimana. “Made in America” è stato realizzato in Winsconsin. Gli spezzoni di concerto che compaiono nel video sono stati girati ad inizio luglio al Milwaukee’s Summerfest, durante le prime tappe del suo esauritissimo Locked & Loaded Tour. Le sequenze aggiuntive sono state girate in diverse comunità americane inclusa la comunità di Cedarburg durante la parata del piccolo paese in occasione delle celebrazioni del 4 luglio. “Made in America” è stata scritta dallo stesso Keith ed è il singolo che più velocemente di tutti sta scalando la classifica da cinque anni a questa parte; al momento si trova in dodicesima posizione Toby Keith's Made in Americadopo sole 5 settimane. La canzone è il preludio all’uscita del suo nuovo album, “Clancy’s Tavern”, prevista per il 25 ottobre prossimo.
Toby Keith, che è tornato ad esibirsi al Grand Ole Opry a 8 anni di distanza dalla sua prima esibizione su quel palco, è attualmente in tour. Il Locked & Loaded Tour è cominciato lo scorso 30 giugno in Michigan e sono previste 44 città solo negli Stati Uniti incluse Washington e Los Angeles. Attenzione perchè, terminata l’estate, a partire dal 30 ottobre Keith sarà in Europa con 12 date che segneranno il suo primo ritorno nel vecchio continente dopo la sezione europea del suo World’s Toughest Tour del 2009 (che era peraltro andata esaurita).

Cliccate qui per vedere il video di “Made in America”.

Ecco le date europee al momento previste:
30 ottobre - Usher Hall, Edimburgo (Scozia)
31 ottobre - O2 Apollo, Manchester (Regno Unito)
1° novembre - Wembley Arena, Londra (Regno Unito)
3 novembre - Paradiso, Amsterdam (Olanda)
5 novembre - Kesselhaus, Monaco (Germania)
7 novembre - E Werk, Colonia (Germania)
8 novembre - Gr Freiheit, Amburgo (Germania)
11 novembre - Finlandia Hall, Helsinki (Finlandia)
13 novembre - Cirkus, Stoccolma (Svezia)
15 novembre - Spectrum, Oslo (Norvegia)
17 novembre - Vega, Copenaghen (Danimarca)
19 novembre - Huxley’s Neue Welt, Berlino (Germania)