La prima volta di Terri Clark – Intervista alla 44enne artista country canadese

Pubblico l’intervista telefonica che ho realizzato con Terri Clark quando mancavano pochi giorni alla sua partenza da Nashville alla volta dell’Europa per il suo tour europeo, che tra il 23 giugno e il 6 luglio scorso l’ha vista andare in Scozia, Regno Unito, Svizzera, Italia, Germania e Norvegia.

 

CountryStateLine: Qual è il tuo stato d’animo durante questo tuo tour europeo ed alla vigilia del tuo unico concerto italiano?

Terri Clark: «Sono davvero entusiasta. Provo una sensazione simile a quella che provavo agli inizi della mia carriera, come se stessi in realtà ricominciando da capo, entrando in contatto con fan che non sapevo neanche di avere, e magari farne di nuovi lungo il cammino. E’ un gran divertimento, sai, sono cose che a questo punto della vita non accadono più così spesso. Per me è qualcosa di nuovo, mi piace…»

CSL: Cosa sai dell’Italia, sia come paese di per sé che da un punto di vista musicale?

TC: «Sono canadese, non conosco granché dell’Italia da un punto di vista musicale e la conosco poco anche come paese. Ci sono stata una volta, in vacanza, a Venezia. E’ l’unico posto in cui sono stata in Italia, non ho avuto la fortuna di girarla di più. Non vedo l’ora di conoscere un po’ meglio la cultura di questo paese, perchè nell’unica volta che sono stata lì mi è molto piaciuto ciò che ho visto e ciò che ho vissuto e non vedo l’ora di tornarci.»

CSL: Ricordo di averti incontrato per la prima volta a Gstaad, in Svizzera, nel 2003. Quindi so che non si tratta della tua prima volta in Europa ma questo è però il tuo primo concerto in Italia. Quindi volevo chiederti: quali sono le tue sensazioni e le tue aspettative nei confronti di questo show? Voglio dire, viaggiando in Europa probabilmente tu non hai nessun problema nel relazionarti con il pubblico… So che per esempio ti piace abbastanza parlare dal palco durante il tuo spettacolo, ti piace scherzare con la platea. Però il pubblico italiano potrebbe non sapere parlare inglese e quindi ero curioso: preparerai uno spettacolo diverso per loro? Meno chiacchiere, meno battute e più musica, per esempio? O cosa?

TC: «Beh, si probabilmente parlerò un pochino meno. Mi rendo conto che purtroppo potrebbe esserci qualche barriera linguistica, ma mi sentiranno comunque cantare e mi piace pensare che se andrà bene non sarà l’unica volta che verrò a cantare in Italia. Quindi la prossima volta che vengo nel frattempo avrò imparato un po’ d’italiano e potrò sfruttarlo in caso di necessità [ride]. Comunque prediligerò la musica e spero che si divertiranno in ogni caso. Non so che tipo di pubblico ci sarà a Voghera, se sarà un pubblico a cui piace più il genere tradizionale, se sarà invece quello a cui piace ascoltare oppure se sarà il tipo di pubblico a cui piace fare casino. Non ne ho idea. Ogni luogo dove suono è diverso dall’altro. Ho girato un sacco in tour anche il Canada e anche gli stessi fan canadesi sono leggermente diversi dai fan americani in genere. Sarà un’esperienza interessante visitare così tanti paesi differenti in un solo tour e vedere il diverso tipo di reazione che avremo… E sono anche curiosa di vedere quanto sarà popolare la mia musica: il pubblico canterà insieme a me le mie canzoni oppure se non saprà neanche una parola? Davvero non lo so…»

CSL: Terri conosci qualche parola in italiano?

TC: «Ho avuto l’opportunità di imparare qualche parola in italiano quando venni in vacanza a Venezia, penso che dovrò rispolverare un po’ quelle poche nozioni. Niente però che mi possa essere utile durante lo spettacolo, temo… [ride]»

CSL: Sappi che comunque al pubblico italiano piace ballare.

TC: «Questa è una buona notizia! Spero che piacerà il mio show: ho una band strepitosa, ci divertiamo sempre un sacco e profondiamo molta energia sul palco. Quindi penso che, barriere linguistiche o meno, le gente si divertirà.»

CSL: Terri tu hai esordito come professionista nella country music nel 1995 con la Mercury Records. Poi, dopo 14 anni, hai dirottato verso la produzione indipendente. Pensi che al giorno d’oggi questa sia l’unica via per un artista country che voglia fare la musica che gli piace?

TC: «Non necessariamente. Alcune case discografiche ti danno lo spazio che ti è sufficiente per realizzare da un punto di vista creativo. Quando ero alla Mercury la dirigenza mi dava sufficiente spazio per incidere quello che volevo. Me ne sono andata quando il processo di produzione di una canzone si fece più farraginoso e ognuno doveva dare la sua approvazione affinché si potesse procedere. Sai, quando troppi cuochi entrano in cucina si rovina lo stufato. Si pensava troppo, cominciai a diventare insofferente a quel processo produttivo e ad andare in tour per anni tra un disco e l’altro perché nessuno decideva niente. A quel punto decisi di incidere per una etichetta indipendente».

CSL: Secondo te cosa è cambiato nel mondo della musica country dai tuoi primi giorni al Tootsie’s Orchid Lounge a 15 dollari al giorno più le mance ai giorni nostri, sia da un punto di vista personale che come professionista?

TC: «Nel mercato ovviamente il cambiamento più profondo è avvenuto nel nuovo millennio con la nascita dell’era del downloading  digitale, prima con Napster e poi con l’esplosione della Apple e l’avvento di i-Tunes. La gente ha smesso di comperare molti dischi ed oggi è molto raro rispetto al passato per un artista avere un suo disco dichiarato disco d’oro [500mila copie vedute, ndr] o disco di platino [un milione di copie, ndr] perché deve vendere una quantità impossibile di copie, che oggi non è accettabile. Le stazioni radio negli Stati Uniti si sono unite quasi tutte in una grande corporazione che fondamentalmente è organizzata come una sola grande radio con una sola grande playlist e un ristretto numero di persone decide cosa sarà trasmesso in radio e cosa no… e questo ha cambiato molto le cose. Non sto parlando dal punto di vista di una persona amareggiata, sto solo constatando il cambiamento che ha reso tutto molto più difficile e molto più competitivo. Per me personalmente, come professionista, artista, musicista, cantante e autrice mi sento molto più a mio agio ora rispetto a quando ho cominciato. Come persona aver attraversato alti e assi personali mi ha permesso di sviluppare meglio la mia personalità, il mio carattere e tutto ciò che ha contribuito a formare quello che sono musicalmente.»

CSL: Dal tuo debutto tu hai sempre scritto la gran parte delle tue canzoni presenti sui tuoi album. Quindi la scrittura ha sempre avuto un ruolo rilevante nella tua produzione musicale. Quanto c’è di autobiografico nella tua musica?

TC: «In realtà non scrivo da sola il mio materiale. La maggior parte del lavoro è di co-scrittura, poiché in fase creativa mi piace molto lo spirito cameratesco che si crea nella stanza. Il miglior lavoro di revisione lo fai quando hai un’altra persona accanto mentre scrivi, che fa venire fuori le migliori idee e le migliori strofe. Cosa che non potrei fare lavorando da sola. Per la parte produttiva invece ho preso dei musicisti eccezionali a Nashville, tutti autori e musicisti a loro volta. Quindi la parte più difficile per me in realtà consiste nei piccoli dettagli come l’overdubbing, i background vocal e tutti quei piccoli dettagli che devi curare quando produci un disco.»

CSL: Ero curioso a riguardo della tua band. Ho visto che adesso stai viaggiando con una band di quattro elementi (Anita Cochran, Chris Cotruss, Clay Crasner e Jason Cheek). Viaggeranno con te anche a Voghera?

TC: «Si, portiamo tutti e quattro anche in Italia. Solamente nel Regno Unito il mio show è stato un a solo acustico con la mia chitarra, come ultimamente faccio per la maggior parte delle mie date negli Stati Uniti. Nel regno Unito è stato così perché mi sono esibita in posti molto piccoli ma in Italia sarò con tutta la band.»

CSL: L’ultima domanda, Terri. Dove pensi che stia andando oggi la musica country?

TC: «Penso che stia andando nella stessa direzione dove è sempre andata. C’è una varietà enorme, una parte si ispira al classico, una parte si ispira al pop… In una specie di circolo della storia che periodicamente ritorna. Quello che vedo in questi ultimi anni è che le case discografiche vanno alla ricerca di talenti sempre più giovani e si rivolgono ad un pubblico sempre più giovane. Come Taylor Swift, che ha venduto come nessuno ultimamente ed il cui target sono gli adolescenti; o Hunter Hayes, uno degli ultimi arrivati. Quando ero giovane la country music era un genere che si rivolgeva ed aveva come target forse un pubblico più adulto e ricordo che venivo presa in giro dai miei amici quando la ascoltavo perché di solito era musica che veniva ascoltata dai loro genitori [ride]. Adesso invece ascoltare country music quando hai sedici anni è “fico”: questa è la differenza più grossa che vedo oggi e penso che molto probabilmente questa sarà la tendenza dei prossimi anni!»

Massimo Annibale
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Le foto sono state scattate durante la conferenza stampa del concerto tenuto da Terri Clark al Cowboys’ Guest Ranch di Voghera il 30 giugno 2012.
(C)Simone Amaduzzi Photographer