Aaron Watson – Crazy Bull Cafe, Torri di Quartesolo (VI), 27 luglio 2011

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Non e’ assolutamente un caso che il Texas – come ho avuto modo di scrivere altrove – abbia fornito, nel corso della storia della musica americana, il maggior numero di musicisti country: Ernest Tubb, Buck Owens, Lefty Frizell, Willie Nelson, Waylong Jennings, Jerry Jeff Walker, Kenny Rogers, Ray Price, Lyle Lovett, George Strait, Clint Black, Clay Walker… E la storia continua, confermando che il Lone Star State rimane davvero la fucina piu’ operosa, garanzia di qualita’ fin dai tempi di Bob Wills. Lo scorso 27 luglio al Crazy Bull Cafe di Torri di Quartesolo (Vicenza) di questa storia e’ stato scritto un altro importante capitolo. A scriverlo e’ stato l’esponente piu’ giovane della country music texan wave, l’onda texana della musica country
: Aaron Watson, 34enne di Amarillo che LoneStarTime, associazione italiana che con abnegazione, passione e tanti sacrifici si dedica alla promozione del nostro amato genere musicale, e’ riuscita a portare in Italia organizzando una data 48 ore prima della sua esibizione come headliner al rinomato festival country francese di Craponne Sur Arzonne.
Aaron Watson and his band - Crazy Bull Cafe (VI) 27 luglio 2011 (Foto Simone Amaduzzi)Una serata indimenticabile a cui fan e appassionati hanno risposto con ardore ed entusiasmo (presenti anche diversi americani provenienti dalle vicine basi USA di Ederle e Aviano) nonostante si trattasse di una data infrasettimanale (dura spostarsi per chi la mattina dopo deve alzarsi presto per andare al lavoro) e nonostante l’ora di inizio concerto – inizialmente data via Facebook per le 21 e posticipata poi nelle locandine ufficiali alle 21.30 – sia scattata a pochi minuti dalle 23, mezz’ora dopo la fine della esibizione del gruppo italiano locale di apertura, i diligenti The Claw.
Aaron Watson and his band - Crazy Bull Cafe (VI) 27 luglio 2011 (Foto Simone Amaduzzi)Presentato senza troppa pompa magna e con scarsa conoscenza di inglese (ma Aaron non ha preteso davvero nulla di piu’) dal locale dj Maestro Steve California e da Cristian Gualandri di LoneStarTime, Watson ha guadagnato il palco con l’entusiasmo di un bambino spendendosi all’inverosimile per dare a tutti un po’ di se’ e del suo honky tonk style. Era accompagnato in questo mini tour in terra europea da una strepitosa band di cinque fidati elementi: Jondan McBride al basso, Jason Lerma alla chitarra elettrica e al mandolino, Damien Green al violino, Joey Borjia alla magica pedal steel guitar (finalmente una pedal come Texas comanda in terra italiana!) e Brian Ferguson alla batteria. I primi tre musicisti fanno tra l’altro parte della sua band, ‘The Orphans of The Brazos’, con cui gira il Texas in lungo e in largo nei suoi show, davvero numerosissimi nel corso dell’anno. «Grazie! Grazie!»  ha esordito in italiano. Poi, in inglese: «Grazie moltissimo per essere venuti fin qui stasera, mentre noi siamo lontanissimi da casa. Significa molto che voi ci siate. Sissignore, sissignore… Facciamo un sacco di honky tonk music allora!»
Aaron Watson (Foto Simone Amaduzzi)Il concerto e’ stato davvero un distillato di honky tonk, texas swing, country rock e texas waltz. Si e’ spaziato da “Walls”, che ha aperto lo show, alla veloce “Heyday Tonight”; da “Honky Tonkin’ Around Texas” alla romantica “Off The Record”; da “Sweetheart Of The Rodeo” alla velocissima “Wake Up & Smell The Coffee”. Particolare e’ stata la presentazione della sua slow song “Hearts Are Breaking Across Texas”, per la quale e’ stata coinvolta una fan tra il pubblico: «Abbiamo una richiesta da una dolce ragazza italiana di nome Marika…»  ha detto Aaron prima di cantarla. E poi di fronte a richieste che gia’ si aggiungevano da parte di diversi cowboys in sala ha aggiunto: «Non prendiamo richieste da uomini ma certo dalle donne si! Si signora, ella vuole ascoltare “Hearts Are Breaking Across Texas”… Si signora…»  Per Marika, che conosco e che so essere una delle piu’ sfegatate fan di Watson, credo sia stata una serata che ricordera’ per tutta la vita. Aaron non si e’ fermato un attimo: con poche parole tra una canzone e l’altra, durante lo spettacolo con il Aaron Watson (Simone Amaduzzi)suo cellulare ha scattato piu’ volte delle foto dal palco al pubblico davanti a lui o girato dei video riprendendo il parterre, lanciato plettri in quantita’ industriale a destra e sinistra (se ne era portato addirittura un sacchetto!) e scherzato col pubblico, mettendosi sempre in posa per chi volesse scattargli una foto mentre cantava. In una occasione, in particolare, prima di “Diesel Drivin’ Daddy”, ha preso simpaticamente di mira un ragazzo dell’Ohio mezzo sbronzo in prima fila che gli aveva chiesto un pezzo di Garth Brooks apostrofandolo con un «Mi sentirei meglio a suonare una canzone di George Michael…!» E anche se chi scrive adora Garth devo ammettere che quella sera il mio beniamino c’azzeccava poco… E’ stata molto sentita la dedica di Watson per la ballata  “Barbed Wire Halo”: «Questa e’ una canzone che ho scritto per mio papà e per mio nonno e non ho mai voluto metterla su un cd; il fatto che sia avvenuto e’ stato in fondo una specie di regalo per mia nonna e, non so, credo che quello che avevo previsto per questo brano e quello che Dio aveva previsto per questo brano erano due cose differenti e quindi, sapete… questa e’ una canzone che cantiamo ogni sera e la dedichiamo sempre a tutti i nonni che sono la’ fuori!»
Damien Green (Foto Simone Amaduzzi)Entusiasmo e semplicita’ sono le parole che piu’ si attagliano allo show svoltosi al Crazy Bull Cafe di Torri di Quartesolo. Entusiasmo del pubblico ed entusiasmo di Aaron, che ci ha tenuto davvero – ed in piu’ di una occasione – a far sapere al pubblico accorso quanto sia stato felice di essere venuto in Italia. La sua e’ stata emozione genuina, che unita all’alchimia che si e’ creata tra lui e la sala e tra lui e la sua band hanno fatto di quella del 27 luglio 2011 una serata assolutamente magica. Una delle caratteristiche fondamentali della sua band (ed in genere di tutte le band texane) e’ quella dell’alta frequenza dei concerti, grazie alla quale essa ha imparato davvero come intrattenere e divertire il pubblico (la media di serate all’anno non di rado supera le 200). A meta’ concerto Watson non ha potuto mancare il doveroso omaggio ad uno dei suoi “mentori” musicali, Merle Haggard. Questa volta con la stupenda “Silver Wings”, durante la quale ha lasciato a Joey Borja un doppio giro di pedal steel guitar. Jason Lerma (Foto Simone Amaduzzi)In realta’ lo spazio maggiore ha finito per prenderselo il violinista Damien Green, tanto giovane (20 anni) quanto assolutamente padrone di ogni corda del suo strumento, capace di virtuosismi davvero rari per la sua eta’ (come quelli, fantastici, eseguiti prima di “Wake Up & Smell The Coffee” e di “Off The Record”).

”Reckless” ha chiuso il set dopo solo 1 ora e mezza. Ma sono stati davvero 90 minuti intensi ed emozionanti. Nessun ‘encore’ era previsto (lo stesso Steve California, salito sul palco a fine show, non sapeva che pesci pigliare) ma, richiamato dal pubblico che gridava «Usa! Usa!», Aaron e’ poi tornato sui suoi passi per un ultimo brano, la veloce “East Bound & Down”, grande hit del compianto Jerry Reed famosa anche da noi, almeno per chi ha visto il film “Smokey And The Bandit” (in Italia intitolato “Il Bandito e la Madama”) con Burt Reynolds.
Aaron e i suoi fans dopo il concertoSe il concerto poteva forse durare qualcosa in piu considerate pero’ che Watson, terminata “East Bound & Down” si e’ precipitato al banchetto del merchandising dove si e’ dedicato davvero anima e corpo ai fan firmando autografi su ogni superficie scrivibile (dai cd ai pantaloni, dalle foto ai cappelli da cowboy), chiaccherando e scattando foto ricordo con tutti quelli che si erano pazientemente messi in coda. Manco fossimo stati al CMA Music Festival di Nashville! Davvero un artista country e un uomo come pochi, Aaron Watson. Proprio al banchetto del merchandising verso le 2 del mattino, dopo un’ora e mezza di ininterrotto dedicarsi a foto e autografi, l’ho brevemente incontrato e devo ammettere che pochi incontri Con Aaron Watson, un incontro indimenticabile!nella mia seppur breve carriera professionale mi hanno dato le stesse emozioni. Ha scherzato con me, come se fosse appena arrivato al locale, fresco come una rosa e disponibilissimo. «Sai» mi ha detto «io faccio questo lavoro per vivere e se riesco a vivere facendolo lo devo solo grazie a voi. E lo amero’ fino a quando ci sara’ gente come voi. Io non mi sento diverso, per questo sono qui stasera». Ho visto che durante le sessione di foto e autografi baciava tante ragazze che non avevano occhi che per lui – in fondo, oltre che uno straordinario artista, e’ anche un bel ragazzotto texano! Gli ho chiesto se Kimberly (sua moglie, nda) non e’ gelosa di tanta presenza femminile nel suo successo. «Finche’ nel suo portafogli entrano gli euro che guadagno non si lamenta!» mi ha risposto ridendo «E’ una specie di mutuo accordo!»
Ci siamo salutati con un abbraccio, come amici che si lasciano dopo l’ultimo giro di birra alla fine di una bella serata di baldoria all’uscita del bar. «God Bless You Aaron!» gli ho detto, Dio ti benedica. E dal luccichìo dei suoi occhi ho capito una volta di piu’ che neanche lui scordera’ molto facilmente questa sua prima (e speriamo non unica) trasferta in terra italiana.
Massimo Annibale
©2011 CountryStateLine
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Grazie a Simone Amaduzzi per le foto di questo articolo. Visitate il suo sito
http://www.simoneamaduzzi.com/

Aaron Watson e la sua band - Crazy Bull Cafe (VI) 27 luglio 2011 (Foto Simone Amaduzzi)Scaletta della serata:
1. Walls
2. Love Makin’ Song
3. Heyday Tonight
4. Hearts Are Breaking Across Texas
5. The Road
6. Rollercoaster Ride
7. Shut Up & Dance
8. Honky Tonkin’ Around Texas
9. Fast Cars Slow Kisses
10. Silver Wings
11. 3rd Gear And 17
12. Wake Up & Smell The Coffee
13. Barbed Wire Halo
14. Diesel Driving Daddy / Sweetheart Of The Rodeo
15. Off The Record
16. I Don’t Want You To Go (But I Need You To Leave)
17. Reckless
Encore:
18.
East Bound & Down